
Scopo di questo spazio è far conoscere il mio impegno e la mia attività mirata a garantire e/o ripristinare il benessere psicologico e sociale attraverso il problem solving strategico applicato ai problemi umani, associando e utilizzando differenti approcci terapeutici (Analisi Transazionale, Gestalt, Terapia cognitivo-comportamentale...) che si rivelano più consoni, funzionali ed efficaci rispetto alla problematica, alla persona, alla situazione presente e al modo in cui essa la vive.
SPORTELLO DI ASCOLTO PSICOLOGICO GRATUITO

SPORTELLO DI ASCOLTO PSICOLOGICO GRATUITO: Ascolto telefonico e telematico per prevenire/sostenere disagi psicologici Inoltre: prima consultazione in sede gratuita Mail: donatella.ghisu@yahoo.it /telefono: 392 5543431
D.ssa Donatella Ghisu
Psicologa, Counsellor Psicologico e Socio-educativo, Anali Transazionale, Specialista in Psicoterapia Breve Strategica, Psicopedagogista, Specialista in: Disturbi alcol correlati, Chil Abuse, Psicologia forense, Disturbi dell'Apprendimento e del Comportamento, Trainer EMDR. Mi occupo di coppie, adolescenti ed adulti a livello individuale e di gruppo. Sostegno alla genitorialità, agli insegnanti nonché alle aziende pubbliche e private.
mercoledì 21 marzo 2012
domenica 29 gennaio 2012
Il cambiamento
Le emozioni guidano e favoriscono i processi decisionali e la soluzione dei problemi. Sono estremamente importanti ed altrettanto importante è riconoscerle per far sì che ci indichino il nostro stato d’animo e la direzione che, rispetto a questo, vogliamo intraprendere.
Le emozioni, dunque, ci forniscono informazioni sui nostri interessi; stabiliscono gli obiettivi per elaborare in modo cognitivo e comportamentale ciò che si può ritenere utile per risolvere i problemi.
Per tale motivo ritengo importante focalizzarmi, in terapia, sulle emozioni e sulla loro integrazione con l’aspetto cognitivo al fine di produrre un nuovo significato a ciò che pensiamo, sentiamo e facciamo.
Le emozioni emergono in un processo costruttivo che riguarda informazioni affettive, cognitive, motivazionali e senso motorie: tutte aiutano a determinare l’esperienza e l’azione umana.
È pur vero, tuttavia, che nel momento in cui arriviamo ad elaborare ciò che genera un determinato sentimento portandolo al livello di consapevolezza, nel momento in cui rivolgiamo l’attenzione ad una sensazione corporea che è così simbolizzata in consapevolezza. In sintesi, lo schema emotivo che è attivato in una certa situazione, guida il pensiero cosciente, l’azione e il senso degli eventi carico della colorazione emotiva che lo contraddistingue e che possiamo sentire anche a livello corporeo.
È questo che svolge un ruolo decisivo che ci porta verso una decisione, una scelta e che ci fornisce il senso di benessere (“essere in cima al mondo”) o il senso di malessere (“essere giù di corda”).
Le emozioni, allora, fungono da base per la nostra coscienza. Sono sempre presenti e più o meno intense.
Tutti noi organizziamo la nostra esperienza in modo particolare e integrando il nostro apprendimento culturale col nostro senso emozionale di essere al fine di creare nuovi significati.
Se mi sveglio la mattina emotivamente pronto ad affrontare la giornata, intraprenderò dei progetti con entusiasmo e penserò a come portarli avanti. Se, invero, mi sveglio impaurito e depresso, le mie emozioni mi segnalano che qualcosa non va nel modo in cui conduco la mia vita o che è accaduto qualcosa a cui è necessario dare attenzione.
Ascoltando il segnale emotivo inizio a riflettere in modo consapevole su ciò che sto vivendo per riorganizzare il mio mondo.
Per far questo ho, innanzitutto, da tollerare i miei sentimenti e integrarli in ciò che penso di me stesso, per ascoltarli e utilizzarli.
Se da tali sentimenti arriva il segnale che tutto va bene, posso procedere all’azione; ma se ricevo la segnalazione dell’esistenza di un problema, mi attivo in modo consapevole per individuare soluzioni ai problemi che hanno fatto scaturire tale stato d’animo negativo.
In tal modo le emozioni mi motivano, guidano le mie azioni e mi pongono dei problemi per far sì che, razionalmente, io li risolva.
Ma, nel momento in cui mi rendo conto di non riuscire ad utilizzare i segnali inviati dalle emozioni, quando non riesco più a comprendere e gestire il problema che ha generato il mio malessere col quale mi blocco dall’agire, è giunto il momento di ricorrere all’aiuto di un esperto.
Un esperto che faccia sì che il blocco, l’impasse nel quale mi trovo sia superato attingendo alle risorse personali che ho, ma che in quel determinato momento della mia vita, non mi riconosco e non riesco ad utilizzare.
Le emozioni, dunque, ci forniscono informazioni sui nostri interessi; stabiliscono gli obiettivi per elaborare in modo cognitivo e comportamentale ciò che si può ritenere utile per risolvere i problemi.
Per tale motivo ritengo importante focalizzarmi, in terapia, sulle emozioni e sulla loro integrazione con l’aspetto cognitivo al fine di produrre un nuovo significato a ciò che pensiamo, sentiamo e facciamo.
Le emozioni emergono in un processo costruttivo che riguarda informazioni affettive, cognitive, motivazionali e senso motorie: tutte aiutano a determinare l’esperienza e l’azione umana.
È pur vero, tuttavia, che nel momento in cui arriviamo ad elaborare ciò che genera un determinato sentimento portandolo al livello di consapevolezza, nel momento in cui rivolgiamo l’attenzione ad una sensazione corporea che è così simbolizzata in consapevolezza. In sintesi, lo schema emotivo che è attivato in una certa situazione, guida il pensiero cosciente, l’azione e il senso degli eventi carico della colorazione emotiva che lo contraddistingue e che possiamo sentire anche a livello corporeo.
È questo che svolge un ruolo decisivo che ci porta verso una decisione, una scelta e che ci fornisce il senso di benessere (“essere in cima al mondo”) o il senso di malessere (“essere giù di corda”).
Le emozioni, allora, fungono da base per la nostra coscienza. Sono sempre presenti e più o meno intense.
Tutti noi organizziamo la nostra esperienza in modo particolare e integrando il nostro apprendimento culturale col nostro senso emozionale di essere al fine di creare nuovi significati.
Se mi sveglio la mattina emotivamente pronto ad affrontare la giornata, intraprenderò dei progetti con entusiasmo e penserò a come portarli avanti. Se, invero, mi sveglio impaurito e depresso, le mie emozioni mi segnalano che qualcosa non va nel modo in cui conduco la mia vita o che è accaduto qualcosa a cui è necessario dare attenzione.
Ascoltando il segnale emotivo inizio a riflettere in modo consapevole su ciò che sto vivendo per riorganizzare il mio mondo.
Per far questo ho, innanzitutto, da tollerare i miei sentimenti e integrarli in ciò che penso di me stesso, per ascoltarli e utilizzarli.
Se da tali sentimenti arriva il segnale che tutto va bene, posso procedere all’azione; ma se ricevo la segnalazione dell’esistenza di un problema, mi attivo in modo consapevole per individuare soluzioni ai problemi che hanno fatto scaturire tale stato d’animo negativo.
In tal modo le emozioni mi motivano, guidano le mie azioni e mi pongono dei problemi per far sì che, razionalmente, io li risolva.
Ma, nel momento in cui mi rendo conto di non riuscire ad utilizzare i segnali inviati dalle emozioni, quando non riesco più a comprendere e gestire il problema che ha generato il mio malessere col quale mi blocco dall’agire, è giunto il momento di ricorrere all’aiuto di un esperto.
Un esperto che faccia sì che il blocco, l’impasse nel quale mi trovo sia superato attingendo alle risorse personali che ho, ma che in quel determinato momento della mia vita, non mi riconosco e non riesco ad utilizzare.
L’esperto mi aiuterà, dunque, a riconoscere ed utilizzare il potere che ho per cambiare la mia vita e i miei modi di fare, pensare e agire disfunzionali rispetto alla realtà che sto vivendo.
giovedì 5 gennaio 2012
L'equilibrio per il benessere della coppia
Sempre più spesso sento coppie
che lamentano disagi nella relazione personale. Disagi causati dalle più
disparate problematiche: la relazione interpersonale col partner relativa ad
incomprensioni sui problemi della vita quotidiana, all’intimità, all’affrontare
difficoltà lavorative, amicali, familiari, al lamentarsi perché non ci si sente
compresi, a dinamiche riguardanti l’educazione dei propri figli, o la gestione
economica familiare, quella della casa in particolare quando anche la donna
lavora fuori casa, e così via.
Son davvero tantissime le
situazioni a causa delle quali insorgono molteplici difficoltà, ma è anche vero
che queste stesse, talvolta, non sono altro che una maschera di qualcosa – che a
volte è di natura inconsapevole – che riguarda altre difficoltà legate all’uno
o all’altro partner o ad entrambe!
Mi capita sovente di ascoltare le
persone che lamentano e sottolineano l’altro come “apparente” causa del proprio
disagio, attribuendo all’altro i motivi delle difficoltà: “Eppure io dico cosa
voglio, come lo voglio. Io dico cosa non va, dico cosa sarebbe bene fare o non
fare. Dico (sempre all’altro) chiaramente cosa non mi va”. Queste sono alcune
delle cose che le persone dicono a me ma in prima battuta a se stesse e, in
questo modo, si scrollano di dosso ogni responsabilità attribuendola – di conseguenza
– all’altro.
Se poi i disagi son causati da
difficoltà dei figli, il problema cresce ancor di più fino ad innescare dei
circoli viziosi, dai quali le persone non riescono ad uscire creando delle
impasses, dei blocchi, che portano i partner stessi, a risolvere (quale unica modalità
definitiva) il problema stesso, con la separazione.
Per tale ragione ritengo opportuno
e alquanto risolutivo e basato su un comportamento Adulto, accostarsi allo Sportello d’Ascolto rivolto alle
Coppie.
L’obiettivo è di creare uno
spazio di accoglienza attivo per tutte le coppie che vogliono confrontarsi con
un esperto su argomenti che ritengono importanti per il loro benessere.
- Creare uno spazio d’ascolto e lettura dei bisogni dell’individuo e della coppia
- Favorire l’elaborazione positiva di particolari momenti di disagio della coppia
- Informare ed orientare sulle risorse offerte dal territorio
L’iniziativa
nasce dall’esigenza nonché dalle richieste, di dare uno spazio di
accoglienza immediato per le coppie ed un punto di riferimento
che sia anche economicamente accessibile a tutti.
Il primo
colloquio è di ascolto e conoscenza delle esigenze e delle problematiche
contingenti. Successivamente insieme si delineerà l’eventuale opportunità di un
percorso psicologico o psicoterapeutico.
Tutti i colloqui
sono estremamente riservati e coperti dal segreto professionale.
Allo sportello
d’ascolto si accede tramite appuntamento telefonando dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 20.00 al 3925543431
domenica 27 novembre 2011
Dinamiche psicologiche, relazionali e comunicative nel processo educativo: l’incidenza della qualità nel rapporto genitori-figli
v
Da 20 anni mi occupo e mi interesso, del
rapporto genitori-figli prima come educatrice di asilo nido, insegnante di
scuola materna, educatrice di minorati sensoriali e insegnante di scuola
elementare; poi come psicologa e psicoterapeuta. Per tale ragione ho voluto
approfondire gli studi con diversi master e corsi di specializzazione perché, nel
corso degli anni, ho constatato quanto sia fonte di disagio, per i genitori
nell’educare i figli e nella relazione con essi, la scarsa e a volte nulla,
conoscenza a volte di se stessi, a volte dei figli stessi.
v
Proprio per questo, ho capito e notato che la
conoscenza delle necessità e dei bisogni propri e dei figli –appunto- può esser
di sostegno e incoraggiamento in quella che io, ma non solo io, definisco un’ARTE.
Un’arte
che, tuttavia, non si riceve come scienza infusa e che non è data una volta per
tutte: non si nasce genitori, né automaticamente lo si diviene nel momento in
cui nascono dei figli se non dal punto di vista anagrafico e affettivo. La
capacità, la possibilità, la facilità, in qualche modo, di procreare non è,
automaticamente, sinonimo della capacità e facilità d’essere genitori, nel
senso stretto del termine.
v
Sicuramente, per quel che attiene al punto di
vista educativo e relazionale, tutto cambia. Per diventare insegnanti ed
educatori da sempre esistono corsi di studio anche universitari, percorsi
costruiti ad hoc, con i relativi tirocini che prevedono dei supervisori cui
fare riferimento, coi quali confrontarsi e ai quali chiedere supporto, conferme
e suggerimenti.
v
Per divenire genitori no: e sì che se nel primo
caso –a mio parere e sempre per esperienza personale- è sicuramente più
semplice acquisire determinate competenze [ma mi riferisco qui a quelle
prettamente educative, poiché quelle relazionali difficilmente si possono
imparare una volta per tutte] e, per certi aspetti, mantenerle inalterate; nel
secondo caso, ossia nel caso dei genitori, è senz’altro più complesso.
Ma
qual è la differenza?
v
La differenza è davvero “semplice”, ma nel
contempo assai complessa, poiché, davvero va a toccare molteplici aspetti e
tutti tra loro strettamente correlati e interrelati, ma sicuramente
riconducibili ad un’unica peculiarità: l’affettività.
v
L’implicazione affettiva, l’essere coinvolti dal
punto di vista emotivo, cambia completamente il punto d’osservazione, cambia
completamente le lenti degli occhiali coi quali ci si ritrova a guardare e
osservare le situazioni familiari. È sicuramente molto difficile mantenere
l’oggettività quando si è coinvolti emotivamente, no?
Sovente capita, quando ci troviamo coinvolti, in particolare, in situazioni che toccano anche aspetti emotivi che comportano scelte, decisioni per le quali abbiamo da rimanere legati a dati di realtà, di sforzarci e, per certi aspetti anche di essere convinti, di mantenerci “oggettivi”, poiché ci sforziamo di mettere da parte emozioni e sentimenti, per riuscire a stare sul “razionale”. Ma è anche vero che, di fatto, una parte seppur minima di soggettività proprio legata alla sfera emotiva, ai nostri desideri e bisogni si “insinua”. In altre parole e per dirla con F. Perls (padre della terapia della Gestalt), non esiste l’oggettività, in quanto nell’esser oggettivi siamo, sempre e comunque, soggettivi, perché anche nei dati di realtà ci mettiamo ciò che attiene a noi stessi: alla nostra personale percezione delle cose e al nostro personale modo di interpretare la realtà stessa, influenzata dalle nostre arcaiche esperienze di vita, alle nostre credenze e convinzioni.E questo è ancor più vero in riferimento alla relazione tra genitori e figli.
v
La colorazione affettiva che assume la relazione
genitori-figli è altro e non è solo una, in effetti, perché è come se si
trattasse di un prisma estremamente sfaccettato il quale rimanda colori
diversi, ora più intensi ora più tenui; ora singoli e distinguibili ora
molteplici e confondibili con altri, in base a come lo si pone, alla posizione
che assume e in base al modo in cui lo si guarda.
E
tutto questo da cosa dipende? O meglio, da cosa dipendono tutti questi
cambiamenti di colore e della sua intensità?
v
Dall’aspetto affettivo, dalle emozioni che di
volta in volta, emergono nell’uno o nell’altro membro della famiglia; emozioni
che son comunque anche legate alle diverse età dei membri stessi, ma anche dal
ciclo di vita che la famiglia sta attraversando e si trova in quel dato
momento.
v
Il ciclo di vita familiare è essenzialmente
legato anche, ma non solo, alle età dei suoi componenti e, soprattutto, dei
figli stessi e, nel contempo e cosa affatto trascurabile, da quelle della
realtà sociale in cui la famiglia è inserita e vive e delle famiglie d’origine.
v
Devo dire che il ciclo di vita familiare così
come quello individuale, fondamentalmente, resta invariato nel tempo. E, a ben
vedere, è caratterizzato sempre dalle stesse fasi.
In
quello familiare:
Ø
La fase che precede il matrimonio;
Ø
Il matrimonio e quindi la formazione della nuova
coppia coniugale;
Ø
La nascita di un figlio con tutte le fasi
inerenti quest’ultimo in giovane età;
Ø
Quello della fase adolescenziale dei figli in
cui avviene un primo svincolo di questi dalla famiglia;
Ø
La fase in cui i figli si allontanano
fisicamente dalla famiglia d’origine o per lavoro e scelta personale o per
costituire una nuova famiglia, lasciando così il “nido vuoto”;
Ø
La famiglia nella fase terminale col pensionamento,
la vecchiaia e così via.
Ovviamente, ogni fase prevede un cambiamento, un
assestamento, un adeguamento dei suoi componenti ed è anche vero che se i
componenti stessi e tutto il sistema non sono pronti a questo, iniziano le difficoltà,
i problemi, le crisi che, spesso, sfociano in eventi dolorosi e drammatici.


















Che
cosa si deve intendere per processo
educativo?


















Per riuscire a fare questo,
credo sia necessario imparare ad ascoltare i propri bisogni e a riconoscere e
distinguere le proprie emozioni da quelle dei bambini.




mercoledì 29 giugno 2011
L'Analisi Transazionale nella scuola
L'Analisi Transazionale può senz'altro accrescere l'efficacia in quasi tutte le imprese umane nelle quali le persone siano in interazione con altre persone.
L'AT è utilizzata in una grande varità di setting educativi e organizzativi. Ciascuno di essi ha le proprie caratteristiche ed esigenze.
La teoria fondamentale dell'AT è la stessa per il lavoro educativo e organizzazionale (EO) che per le applicazioni cliniche. Ma vi sono delle differenze di acentuazione e di tecniche.
Nel lavoro clinico il contratto è di solito bilaterale, perché è negoziato tra terapeuta e paziente. All'opposto i contratti nei setting EO sono il più delle volte trilaterali. Il contratto d'affari sarà negoziato tra il terapeuta e l'ente a favore di altri membri di questo ente. Per esempio, un'azienda può assumere un fromatore di AT per lavorare coi suoi dipendenti. Il contratto di trattamento probabilmente sarà anch'esso almeno in parte negoziato tra il terapeuta e l'ente, più che coi singoli o i gruppi coi quali egli lavorerà effettivamente.
Questo implica che tutte le parti devono essere particolarmente attente a mantenere chiare e nette procedure contrattuali per evitare dei giochi a tre. Per esempio un'azienda può assegnare dei dipendenti a un corso di formazione in AT anche se questi non hanno nessuna motivazione iniziale a seguirlo. A meno che il punto di partenza sia reso esplicito nellke trattative di contratto tra l'azienda, il terapeuta e i membri del gruppo, ci sono immediate possibilità che tutte e tre le parti assumano dei ruoli del triangolo drammatico con successivi passaggi e giochi.
Nel lavoro con le EO il terapeuta fugne da facilitatore, da addestratore o allenatore pià che da terapeuta. Il più delle volte inviterà i membri del gruppo ad affrontare ciò che sta avvenendo a livello sociale più che a livello psicologico.
Nel lavoro con le EO, dunque, il terapeuta si incentrerà il più delle volte su come la persona o il gruppo possono risolvere nel modo più efficace dei problemi pensando e agendo nel presente piuttosto che esplorando quale problema del passato debba risolvere una persona.
L'autonomia implica chiarezza di pensiero ed efficacia nel risolvere i problemi. L'educatore mira ad aiutare i propri studenti a sviluppare queste capacità. Pertanto l'autonomia è un obiettivo generale altrettanto importante nei setting educativi come nel lavoro clinico.
L'educatore di solito avrà modo di rapportarsi coi propri studenti su un periodo più lungo e in modo più personale di quanto sia possibile al terapeuta di organizzazioni. Per la natura stessa dei setting educativi è particolarmente probabile che gli studenti possano mettere il viso di qualcun altro su quello dell'insegnante e che questi a sua volta possa rispondere a queste riproposizioni del passato, assumendo un ruolo Genitoriale. Può evitare di farlo acquisendo una coscienza della teoria del copione e imparando il contenuto del proprio copione.
Le teorie dell'AT sullo sviluppo infantile possono guidare l'educatore ad affrontare efficacemente i giovani in svariate fasi dello sviluppo.
STATI DELL'IO
Il modello fondamentale degli stati dell'Io è chiaramente comprensibile ai bambini sin dall'età in cui cominciano ad andare a scuola. La semplicità di linguaggio dell'AT aiuta in questo. Esaminando il contributo e le motivazioni di tutti e tre gli stati dell'Io, gli studenti diventano più capaci di imparare con una chiara consapevolezza delle proprie intenzioni e desideri. Le esperienze d'apprendimento stesse sono, probabilmente, più efficaci se fanno appello a tutti e tre gli stati dell'Io. E' particolarmente importante rendersi conto che il Bambino Libero è la fonte della creatività e dell'energia nella personalità e va coinvolto nel processo di apprendimento.
Lo stesso educatore deve avere libero accesso a tutti e tre i propri stati dell'Io. Per gran parte del tempo egli esibirà una capacità di problem solving propria dell'Adulto. Spesso avrà bisogno di porre dei netti limiti a partire dal Genitore Normativo positivo e di prendersi cura degli altri a partire dal Genitore Affettivo positivo. Può entrare nel proprio Bambino per modellare la spontaneità, la capacità intuitiva e la gioia dell'apprendere.
TRANSAZIONI , CAREZZE, STRUTTURAZIONE del TEMPO
L'analisi delle transazioni è utile nel mantenere la cominicazione tra gli insegnanti e gli studenti chiara, produttiva e libera da programmi nascosti. L'impiego delle opzioni può aiutare sia gli insegnanti sia gli studenti a uscire dalle interazioni "bloccate" Genitore-Bambino.
Individuare ed evitare il comportamento Spinta può essere di grande aiuto nel chiarire la cominicazionie. C'è una grande differenza tra imparare qualcosa e cercare d'impararla. Chi tiene una lezione giunge più chiaramente agli altri quando si prende il tempo necessario invece di sbrigarsi. Gli studenti migliorano le loro tecniche di studio quando si accontentano di studiare abbastanza, invece di cercare di essere perfetti studiando tutto.
L'attenzione agli schemi delle carezze e della strutturazione del tempo è impoertante nella scuola in modo molto simile che nel lavoro con le organizzazioni. L'aula e la sala conferenze sono dei terreni di coltura di giochi e racketeering [1] particolarmente fertili.
Gli studenti possono effettuare giochi quali "Lo Stupido", "Non Puoi Costringermi a" o "Fammi Qualcosa" (col suo potenziale passaggo a "Guarda Cosa mi hai Fatto Fare"). Gli insegnanti possono giocare a "Non è la Volontà che mi Manca", "Sto Solo Cercando di Aiutarti", "Perchè non..." o "Il Difetto". Una conoscenza dell'analisi dei giochi permette agli studenti e agli insegnanti di evitare questi scambi improduttivi e di passare all'attività d'insegnamento o di apprendimento.
L'impiego della stipulazione dei contratti aiuta gli educatori e i discenti a raggiungere un chiaro e manifesto accordo su cosa devono fare e sul modo migliore per ottenerlo.
AFFRONTARE LA PASSIVITA'
Nei setting educativi è particolarmente probabile che ci si aspetti una simbiosi. Questa aspettativa può persino essere manifesta in alcune culture nelle quali gli insegnanti sono tradizionalmente tenuti a impersonare il ruolo di Genitore e di Adulto mentre lo studente fa il Bambino. Gi attuali approcci all'educazione sono d'accordo con l'AT nel considerare questa una svalutazione delle capacità di entrambe le parti.
Una conoscenza dei concetti schiffiani aiuta gli insegnanti e gli studenti a rimanere fuori della simbiosi e a fare pieno impiego di tutti e tre gli stati dell'Io. Gli educatori possono imparare a riconoscere i quattro comportamnti passivi e ad affrontarli, invece di entrare nei giochi. Se il setting istituzionale lo rende possibile si possono costituire dei gruppi e delle classi di esercitazione che forniscano un ambiente reattivo nel quale insegnanti e studenti si assumano la reciproca responsabilità di promuovere chiarezza di pensiero e attiva risoluzione dei problemi.
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