I rapporti tra genitori e figli rappresentano da
sempre una questione delicata e difficile, talvolta un vero e proprio problema,
che si accentua durante l'adolescenza.
È difficile comunicare e comprendersi per via
della differenza di età: i figli sostengono che i genitori appartengono a una
generazione precedente e hanno una mentalità e una concezione della vita
arretrata di 25-35 anni rispetto alla loro. I genitori considerano invece tale
differenza di età come positiva, come esperienza in più che ai figli manca.
È difficile comprendersi anche per la differenza
di ruolo: i genitori si sentono responsabili dei figli e vorrebbero, spesso in
buona fede, indirizzarli per il meglio nella vita, ma talvolta ciò si traduce
in imposizione, in autoritarismo, e produce solo conflitti. I figli dal canto
loro, man mano che crescono, desiderano (e meritano) più autonomia ma talvolta
esagerano e sono inconsapevoli dei rischi cui vanno incontro.
È passato il tempo in cui i genitori potevano
plasmare e controllare i figli a loro piacimento, ma non è ancora venuto (né
mai verrà) il tempo in cui i figli possano fare a meno della guida e dei
consigli dei genitori.
Il punto oggi è di rispettare e conciliare in
modo costruttivo e democratico le esigenze e le capacità di entrambi: i
genitori devono imparare a rispettare le crescenti esigenze di libertà dei
figli fin dall'infanzia, senza aspettare la ribellione adolescenziale, dando
loro fiducia e insegnandogli a scegliere da soli con libertà (libertà di
scegliere la propria strada e anche la libertà di sbagliare, almeno
entro certi limiti). I figli dal canto loro devono rispettare il senso di
responsabilità dei genitori, le loro ansie e preoccupazioni e anche apprezzarne
la maggiore esperienza.
Tutto ciò non si ottiene con prescrizioni morali,
con obblighi o indottrinamenti ma con un dialogo franco e aperto che permetta
ad entrambi di esprimere le proprie esigenze, emozioni e idee senza sentirsi
giudicati.
A tal fine è indispensabile che il genitore per primo si spogli del ruolo e delle maschere di padre o madre e affronti il figlio in modo più spontaneo e alla pari.
A tal fine è indispensabile che il genitore per primo si spogli del ruolo e delle maschere di padre o madre e affronti il figlio in modo più spontaneo e alla pari.
Il problema è che nessuno ha insegnato ai
genitori a essere buoni genitori e tantomeno come fare per impostare in modo chiaro
e costruttivo i rapporti con i figli. Ogni genitore è fondamentalmente un
autodidatta, e applica in buona parte le regole e i modelli che ha a sua volta
imparato dai propri genitori. Regole e modelli spesso superati e comunque certamente
migliorabili.
Al giorno d’oggi esistono per fortuna numerosi libri di grande utilità e comprensibili a tutti ed è anche possibile partecipare a corsi per genitori dove si può imparare a capire meglio la psicologia dei figli, le tappe della loro crescita, i metodi educativi e le modalità per costruire con loro un rapporto e un dialogo positivo e appagante per entrambi.
Al giorno d’oggi esistono per fortuna numerosi libri di grande utilità e comprensibili a tutti ed è anche possibile partecipare a corsi per genitori dove si può imparare a capire meglio la psicologia dei figli, le tappe della loro crescita, i metodi educativi e le modalità per costruire con loro un rapporto e un dialogo positivo e appagante per entrambi.
Infine, per tutti quei casi in cui i rapporti
genitori-figli sono già deteriorati, è possibile oggi ricorrere all’aiuto
di un esperto - un counsellor, uno psicologo - che faciliti la
risoluzione del conflitto e permetta il ricrearsi di una relazione più armonica
tra persone che fondamentalmente si amano ma che purtroppo non riescono a
comprendersi.
“I tuoi genitori hanno fatto il meglio che potevano.
Tu come genitore hai fatto il meglio che potevi.
Se vuoi, ora puoi usare questi nuovi strumenti;
non è mai troppo tardi per cominciare”
(J. Clarke, 1978)
Quante volte abbiamo confrontato
i nostri genitori con quelli dei nostri amici pensando che i nostri fossero più
rigidi, più noiosi e comunque meno vicini ai nostri problemi? E quante volte ci
siamo detti che è inutile parlare con loro perché tanto non ci capiscono ed è
tutto tempo perso?
Proviamo a considerare questi aspetti rovesciando il punto di vista. Per
riuscire a comprendere gli altri a volte è utile mettersi nei loro panni.
Quando due adulti diventano
genitori, non diventano automaticamente consapevoli di tutte le responsabilità
che questo comporta. Sicuramente si predispongono per essere accoglienti e per
provvedere ai bisogni del loro figlio, ma, a volte, nonostante le buone
intenzioni, non riescono a trovare il modo migliore per stare vicino ai propri
figli. Ad esempio, di fronte ad un figlio adolescente molti genitori si
comportano come se avessero ancora a che fare con un bambino di tre anni.
Infatti quando eravamo piccoli avevamo bisogno del totale accudimento da parte
dei nostri genitori, crescendo poi abbiamo avuto altri bisogni da soddisfare,
tipo essere compresi, essere rispettati per il nostro modo di pensare, avere
spazio nelle decisioni della famiglia. Tutto ciò, a volte, può produrre dei
conflitti, poiché nel passaggio dall'infanzia alla pubertà è necessario che il
comportamento dei nostri genitori si modifichi, passando da un comportamento
che prevede la gestione del bambino sotto tutti i punti di vista, ad uno stile
meno autoritario, più corresponsabile e paritario. Alcuni genitori fanno
sicuramente del loro meglio, ma non è sempre così facile cambiare. Ciò, come
abbiamo detto, può far emergere conflittualità e situazioni di tensione. Queste
possono essere affrontate e gestite
in modo costruttivo, senza cioè negarne l’esistenza, ma anzi considerandole
salutari e stimolanti, poiché mantengono vivo il confronto e il ruolo di
ciascuno. Se, ad esempio, un figlio non si ribella ad un padre autoritario non
riuscirà poi nella vita a farsi ascoltare o ad affermare il proprio punto di
vista. Come dice Gordon il punto critico è come viene risolto il conflitto e
non la quantità di conflitti che si possono creare. I nostri genitori a volte
sono spaventati del cambiamento che avviene in noi figli e spesso tendono a
spostare il problema affermando che con l’adolescenza non riescono più ad
andare d’accordo con noi come prima. In realtà i conflitti familiari dovrebbero
essere visti come una preparazione necessaria alla vita, poiché, vivendoli e
imparando quindi a gestirli, possiamo essere più preparati ad affrontare quei
conflitti che inevitabilmente si produrranno in futuro nella nostra vita di
coppia, sul lavoro e nei molti altri ambiti della vita sociale. Purtroppo
nessuno ha mai insegnato ai nostri genitori a gestire i conflitti e ad essere
consapevoli dei sentimenti che scatenano; molti, pertanto, nella maggior parte
dei casi, riproducono meccanicamente i modelli appresi nelle loro famiglie d’origine
- modelli vecchi e spesso poco efficaci.
Gran parte dei genitori si pone
molte domande circa il loro ruolo, domande che toccano diversi temi oltre
quello del conflitto generazionale, tra cui: come trasmettere sicurezza, valori,
come affrontare i disagi degli adolescenti riguardo alla propria identità, alla
sessualità, alla droga, ecc. Queste domande generano il bisogno di avere più
informazioni riguardo a ciò che accade quando cresciamo e di condividere con
altri i propri timori. Alcuni genitori si chiedono se sono sufficientemente
competenti, altri cercano di proteggere i figli impedendogli alcune esperienze
che comportano, sì, dei rischi ma che sono anche molto formative per lo
sviluppo e la crescita, altri ancora aggirano i conflitti lasciando i figli in
balìa di se stessi. In ogni caso i genitori cercano di stabilire un contatto,
un punto di incontro, anche se spesso non trovano i tempi giusti, le parole
giuste o lo stato d’animo migliore per incontrarci. Questi sono problemi comuni
che si presentano nelle famiglie quando i figli crescono, e spesso all’origine
di queste incomprensioni ci sono difficoltà di tipo comunicativo: ognuno è chiuso
nel proprio punto di vista e, invece di tentare di incontrare l’altro, si
barrica, per paura, in posizioni difensive.
Bruno Bettelheim sostiene che se
i genitori ripercorressero i passaggi che li hanno portati dall'infanzia
all'età adulta, potrebbero riuscire a comprendere meglio le esperienze dei loro
figli e scoprirne il significato. La conoscenza così raggiunta modificherebbe
l'influsso stesso di quegli eventi sulla loro personalità e di conseguenza
cambierebbe anche il modo di vedere l’esperienza dei figli. In sostanza,
approfondendo la conoscenza di se stessi, i genitori acquisirebbero una
maggiore conoscenza dei propri figli. Per riuscire a fare questo è importante
che i genitori inizino a condividere tra loro le difficoltà e i problemi che
emergono nella relazione con i figli. Da alcuni anni a questa parte sono nati a
questo scopo corsi e seminari per genitori, non solo per fornire informazioni
utili e corrette, ma soprattutto per offrire uno spazio di condivisione e
rielaborazione di esperienze, vissuti e pratiche educative, favorendo un
maggior contatto con se stessi e con il proprio modo personale e creativo di
essere genitori.
Quante volte nella nostra
esperienza di genitori ci siamo chiesti come si fa ad educare bene i nostri
figli? Perché nessuno ci ha mai insegnato cosa significa essere padre e madre e
quante responsabilità, ansie e timori questo comporta?
Fino ad oggi si é imparato ad
essere genitori in modo un po’ improvvisato, ricalcando schemi appresi nella
famiglia di origine, affidandosi spesso al buon senso ed ai suggerimenti di
persone per noi significative (pediatra, genitori, amici con figli…).
A causa di questa impreparazione,
capita che ci disponiamo di fronte a nostro figlio o figlia pensando di
conoscere i suoi bisogni ed interpretare i suoi desideri, mentre in realtà
facciamo questo senza esserci predisposti prima ad un ascolto reale e profondo
delle sue richieste. In questo modo si producono effetti negativi involontari
che possono essere evitati con una maggiore consapevolezza del proprio ruolo.
Quante volte ci capita, ad
esempio, di rientrare a casa stanchi da una giornata di lavoro e nostro figlio
ci richiede una carica di energia spropositata? E come ci sentiamo se subito
non ci mettiamo a giocare con lui?
Invece di sentirci in colpa e
quindi giocare con nostro figlio in modo poco coinvolgente, sarebbe forse
meglio comunicare la propria stanchezza e trovare un altro momento da dedicare
al gioco.
Il passaggio da adulto a genitore non azzera i bisogni, i desideri e le paure che sono parte dell'essere umano, ed imparare ad ascoltare i propri bisogni e a condividere le esperienze con altri genitori, può aiutare a non sentirsi soli nell'affrontare i problemi.
Il passaggio da adulto a genitore non azzera i bisogni, i desideri e le paure che sono parte dell'essere umano, ed imparare ad ascoltare i propri bisogni e a condividere le esperienze con altri genitori, può aiutare a non sentirsi soli nell'affrontare i problemi.
Fare il genitore è un compito
difficile, perché adulti e bambini sono diversi, e la crescita dei figli
richiede un continuo cambiamento da parte dei genitori, alla ricerca di nuovi
modi di rapportarsi con loro. Nella società di oggi tutto questo appare più
difficile a causa dei cambiamenti che sono avvenuti nella struttura familiare,
che non permettono più di attingere ai modelli del passato. I modelli che oggi
presentano i mass-media non corrispondono alla realtà, poiché propongono un
modello ideale di genitore perfetto che dovrebbe essere sempre in grado di
comprendere tutti i bisogni dei figli, che sa dare libertà, ma al tempo stesso
vigila e dà limiti, che sa essere comprensivo e presente ma non invadente. Una
buona educazione dei figli non corrisponde all'assunzione di comportamenti perfetti,
la perfezione non è dell’essere umano ed accanirsi a raggiungerla impedisce di
avere un atteggiamento di benevolenza e tolleranza verso le imperfezioni
altrui. Lo sforzo e la fatica di capire i propri figli sono sufficienti per
essere genitori accettabili e questo è alla portata di tutti. Gli errori che si
commettono, a volte dovuti proprio all'intensità del coinvolgimento, possono
diventare un’occasione di confronto ed un nuovo punto di partenza nella
relazione con i figli.
Oggi molti genitori si pongono domande su come stare meglio con i propri figli, e proprio per questo sono nati spazi in cui i genitori stessi possono incontrarsi, anche con la presenza di esperti, per condividere le loro preoccupazioni. Esistono anche corsi e seminari che possono aiutare a trovare il modo appropriato per comunicare e rapportarsi con i figli.
A questo proposito sono utili alcune indicazioni su come siano necessarie alcune condizioni perché la capacità di comunicare funzioni nella duplice veste di espressione e di ascolto.
Come genitori nei confronti dei figli dovremmo:
Oggi molti genitori si pongono domande su come stare meglio con i propri figli, e proprio per questo sono nati spazi in cui i genitori stessi possono incontrarsi, anche con la presenza di esperti, per condividere le loro preoccupazioni. Esistono anche corsi e seminari che possono aiutare a trovare il modo appropriato per comunicare e rapportarsi con i figli.
A questo proposito sono utili alcune indicazioni su come siano necessarie alcune condizioni perché la capacità di comunicare funzioni nella duplice veste di espressione e di ascolto.
Come genitori nei confronti dei figli dovremmo:
- dedicare più tempo al dialogo,
convinti che i figli valgono più di tante altre cose, carriera compresa;
- dare fiducia circa la possibilità di risolvere da soli i loro problemi, evitando di sostituirci a loro o, al contrario, di stressarli con una presenza invadente asfissiante, possessiva;
- dare fiducia circa la possibilità di risolvere da soli i loro problemi, evitando di sostituirci a loro o, al contrario, di stressarli con una presenza invadente asfissiante, possessiva;
- non temere i loro sentimenti
negativi, ma viverli come transitori: l’odio può trasformarsi in amore, la
rabbia in serenità, lo scoraggiamento in speranza;
- “sentire” di aiutarli in quel
preciso momento, su quel tipo di problema che ci stanno ponendo. É di gran lunga preferibile, se non
siamo nelle condizioni per farlo, sottolineare l’importanza dell’argomento (o
della richiesta, o della proposta), ma rimandarne la trattazione, purché in
tempi ravvicinati (e ricordarsene poi…);
- saper accettare i loro stati d’animo,
per quanto diversi da sentimenti e desideri che gradiremmo trovare;
- ripetere a noi stessi che ciascuno di loro è altro da noi, con pieno diritto ad una propria identità, ad una propria vita, superando tentazioni di figlio “mostra”, da esibire in pubblico, pavoneggiandosi o di figlio “fotocopia”, che a volte ci piacerebbe tanto avere;
- ripetere a noi stessi che ciascuno di loro è altro da noi, con pieno diritto ad una propria identità, ad una propria vita, superando tentazioni di figlio “mostra”, da esibire in pubblico, pavoneggiandosi o di figlio “fotocopia”, che a volte ci piacerebbe tanto avere;
- non illuderci che tutto si
compia realizzando un ascolto, anche se attivo, ma seguire una strategia
globale che comprenda una costruttiva e feconda progettualità;
- convincerci che i figli non
sono “comportamenti da cambiare”, ma anzitutto persone da accettare;
- rivisitarci, ponendo attenzione ad alcuni nostri modi di essere e di agire.
- rivisitarci, ponendo attenzione ad alcuni nostri modi di essere e di agire.
Copyright © Dott.ssa Donatella Ghisu
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