La psicoterapia breve strategica
OVVERO:
Comunicazione e problem solving per i problemi scolastici.
UNO STRUMENTO OPERATIVO PER GLI INSEGNANTI
Partendo dal presupposto che:
OGNUNO
DI NOI COSTRUISCE RAPPRESENTAZIONI DEL MONDO, DI SÉ E DEGLI ALTRI CHE
COSTITUISCONO UN SISTEMA DI SICUREZZA ED IDENTITÀ PERSONALI CHE
RESISTONO AL CAMBIAMENTO.
Diversamente dai modelli
tradizionali, nei quali il cambiamento è considerato un processo lungo,
faticoso e difficile da ottenere, il modello al quale fa riferimento
tale approccio, considera il cambiamento una costante.
Tradurre
una mole di studi e ricerche ha portato a dimostrare la loro
efficacia ed efficienza in ambito clinico, per far sì che fosse
possibile applicarle in un contesto educativo.
Invece
di condurre insegnanti, educatori e operatori psico-sociali alla
coscienza dell’origine dei loro allievi, l’attenzione è stata
concentrata sulle loro tentate soluzioni disfunzionali: ossia su quelle
manovre messe in atto dai soggetti nell’intento di combattere il
problema, che invece di risolverlo, lo complicano.
Strategie
e tecniche dall’apparenza semplici, quali raffinate suggestioni e
ristrutturazioni, paradossi e trabocchetti comportamentali sono in grado
di condurre i soggetti ad esperire e percepire in modo nuovo e diverso
la realtà del problema che tentavano di risolvere.
Allo
scopo di cambiare il gioco senza fine e senza fini di chi è
imbrigliato in un problema sono state elaborate strategie e tecniche
d’intervento in grado di produrre in tempi brevi i RISULTATI.
Il modello ARISTOTELICO:
prevede
che per risolvere un problema sia indispensabile lo svelamento delle
sue cause e delle sue origini, utile ed efficace in molti casi ma
inefficace e talvolta disfunzionale nelle applicazioni a problemi
complessi come le interazioni umane.
PER TALE MODELLO, basato sulla direzione epicurea, eraclitea e socratica:
È
-infatti- NECESSARIO LO STUDIO ATTENTO DI COME QUESTI PROBLEMI
FUNZIONANO E SULLA BASE DEL LORO FUNZIONAMENTO LA MESSA A PUNTO DI
SPECIFICHE TECNICHE D’INTERVENTO.
Ma è
necessario ricordare che: <<I problemi umani nelle loro diverse
forme possono essere il prodotto delle interazioni che ogni soggetto
costruisce con la realtà che vive. In altri termini “ognuno costruisce
la realtà che poi subisce”.
Da qui la ricerca che arrivò ad
affermare: “I disturbi psicologici sono una realtà che, studiata nel
suo specifico contesto, esprime sequenze comportamentali caratterizzate
da una propria logica ragionevole”>>.
(Gregory Bateson)
L’INTERVENTO STRATEGICO NELLA SCUOLA:
Nei
primi mesi del 1992, un’insegnante di sostegno a un bambino con
handicap psico-motorio, di nome Giulio, inserito in una scuola primaria
della provincia di Bologna, durante un incontro di formazione, parlò
privatamente ai formatori, di alcune difficoltà che da circa un anno
incontrava nella classe ove l’allievo era inserito. Il problema, ormai
senza soluzione per tutti gli operatori scolastici, consisteva in
continui maltrattamenti che il bambino seduto dietro Giulio, riservava
allo stesso Giulio. Dalla descrizione Francesco sembrava essere il
‘Pierino’ della classe con comportamenti oppositivi e provocatori verso
tutti gli insegnanti e il personale scolastico, con atteggiamenti
offensivi verbali e fisici, verso Giulio. L’insegnante descriveva una
situazione drammatica aggravata da una escalation tra Francesco e gli
insegnanti. Più molestava Giulio, più gli insegnanti lo punivano e, più
veniva punito, più lui picchiava Giulio. Quest’ultimo, ovviamente, non
riusciva ad opporre alcuna resistenza per difendersi dai
maltrattamenti. Il rapporto tra Francesco e gli insegnanti s’era
inasprito tanto che si rifiutava di svolgere le attività scolastiche
anche più semplici e il suo profitto era sempre più scadente.
L’insegnante
di sostegno, delusa e amareggiata asserì d’averle provate tutte: dalle
spiegazioni sulla condizione fisica di Giulio ai richiami, i
rimproveri e tutto ciò che casi del genere possono far pensare. Si
dichiarò stanca e pronta a seguire qualsias consiglio, pur di sbloccare
e superare la situazione.Fu così costruita una strategia adatta per il
caso e che tenesse in considerazione alcuni fattori fondamentali:
1) evitare spiegazioni causalistiche sul perché del comportamento di Francesco;
2) far sospendere le soluzioni messe in atto fino a qual momento perché inefficaci e anche controproducenti;
3) provocare un piccolo cambiamento ed osservare i risultati.
Per
soddisfare queste condizioni si doveva costruire qualcosa che,
strategicamente, fosse completamente nuovo e sorprendente per
Francesco. E nello stesso tempo abbastanza convincente per l’insegnante
da indurla ad abbandonare i vecchi tentativi per sostituirli con altri
in grado di portare dei cambiamenti e sbloccare la situazione.
Si pensò alla ristrutturazione quale
tecnica da utilizzare. Tale tecnica mira a far sì che una persona
pensi alle cose in modo diverso, che veda la realtà sotto un’altra
luce, prendendo in considerazione fattori prima non considerati perché
non percepiti.
Non si cambia il valore semantico di ciò che la persona esprime ma si cambiano le cornici nelle quali inserire il significato.
L’insegnante
fu così informata della necessità di interrompere i tentativi operati
fino ad allora e ormai prevedibili e inefficaci per tentare qualcosa in
grado di sorprendere Francesco e fargli cambiare atteggiamento verso
Giulio.
Il nuovo comportamento
dell’insegnante prevedeva la sospensione elle richieste, messe in atto
fino ad allora, dirette a indurre Francesco fargli abbandonare i suoi
comportamenti offensivi.
Al contrario ora l’insegnante doveva
rivolgersi a lui dicendo: <<Francesco, ho capito l’importanza e
l’utilità del tuo comportamento e dei tuoi atti ostili. Scusami se fino
ad oggi t’ho trattato male, ma non mi ero accorta che con i tuoi
comportamenti dispettosi verso Giulio fai sì che tutti gli insegnanti e
gli altri si occupino di lui. Sei un ragazzino sensibile e ti sei reso
conto che lo stavamo trascurando. Certo, questo ti arreca qualche
piccolo fastidio, come le continue punizioni che sei costretto a subire
ma, sicuramente, questo è trascurabile. Tu, ti sei messo in secondo
piano per lui. Bravo, maltrattandolo gli permetti di ottenere
attenzioni dagli altri>>.
Fu la stessa insegnante che nel
successivo incontro dichiarò che dopo l’applicazione della tecnica
suggerita, di aver notato cambiamenti straordinari. Il giorno stesso
Francesco sembrava diverso dal solito: era taciturno, e rimase per
molto tempo da solo, come se stesse riflettendo. Si limitò a pochissimi
maltrattamenti, soprattutto verbali, tanto che Giulio invece di
mostrarsi offeso, sorrideva.
Nei giorni successivi i
maltrattamenti diminuirono ancora e furono affiancati da piccole e
brevi attenzioni verso Giulio e verso le attività scolastiche. I
cambiamenti di Francesco continuarono e giunsero al punto di aiutare
Giulio in attività pesanti come accompagnarlo in bagno o altro. Inoltre
anche l’attenzione verso lo studio e il suo rendimento aumentarono
notevolmente.
Dopo 4 anni, l’insegnante informò della stabilità
dei risultati raggiunti sia verso Giulio sia verso il
profitto.
Il
fatto è che sempre di più agli insegnanti vengono richieste capacità
relazionali che permettano loro di gestire situazioni problematiche.
Come si interviene con bambini e ragazzi capaci di mettere in difficoltà
gli adulti?
Quali sono le modalità comunicative più efficaci?
Raccontando
situazioni problematiche quotidiane, si può andare alla ricerca di
soluzioni apparentemente semplici ma capaci di innescare processi di
cambiamento efficaci.
Negli incontri che si
attivano nelle scuole la parte teorica fa continui riferimenti
all'analisi dei più tipici problemi comportamentali.
Non
si va alla ricerca di una causa spesso oscura, ma piuttosto si cerca
di costruire insieme soluzioni operative concretamente attuabili.
Scopo
di tale modello è, quindi, l’elaborazione di tattiche e tecniche che
l’insegnante può utilizzare allo scopo di fronteggiare e risolvere le
difficoltà che incontra nella sua classe.
Ovvero:
costruire uno strumento OPERATIVO per gli insegnanti, che permetta loro di sapere cosa e come per risolvere effettivamente e in tempi brevi i problemi scolastici.
PRIMO ASPETTO:
L’insoddisfazione degli insegnanti davanti alle teorie psicopedagogiche di tipo causale lineare.
L’insegnante,
di fronte a problemi concreti dei bambini, quali iperattività,
aggressività, ecc. chiede aiuto ai tecnici, ma invece di indicazioni
operative riceve teorie e spiegazioni del perché, delle sue origini e
cause, senza però con queste riuscire a risolvere il problema.
Similmente,
ciò ricorda <<l’ameba di una storiella che un giorno si recò dal
saggio della foresta per un consiglio su come diventare una farfalla e
dove nricevette una lunga dissertazione sul perché, sulle cause
ed
origini di questo suo desiderio. Soltanto sulla via del ritorno,
riflettendo sul consiglio del saggio, si accorse che non gli era stato
detto come e cosa dovesse fare per diventare una farfalla>>
SECONDO ASPETTO:
Nella
cultura psicopedagogica, e della scuola in genere, persiste l’idea che
il cambiamento sia qualcosa di difficile da raggiungere, se non
attraverso faticose ed estenuanti introspezioni e teorizzazioni sulle
cause e le origini di uno stato indesiderato e poco funzionale.
PRETESA:
individuare soluzioni che possano risolvere in modo definitivo il problema.
E’ IMPORTANTE RICORDARE CHE:
<<Un
cambiamento inizialmente piccolo nel circolo vizioso dell’interazione,
se adeguatamente e strategicamente inserito, dà avvio a un altro
circolo, nel quale un affievolirsi della ‘soluzione’ porta a un
affievolirsi del problema, chea sua volta porta a un affievolirsi della
‘soluzione’ e via di seguito>>
(Fisch et al, 1982)
QUALE UTILITA':
Fornire
l’operatore scolastico di strategie e tecniche in grado di aiutarlo a
operare efficacemente davanti alle iniziali difficoltà degli allievi.
OBIETTIVO:
Aggiungere alle conoscenze e competenze che l’insegnante già possiede, le abilità di PROBLEM-SOLVER.
PERTANTO:
Ogni intervento è una ricerca-intervento centrata sull’analisi di casi reali!
QUESTO PERMETTE DI:
Ø lavorare direttamente sui problemi concreti presenti nel gruppo classe;
Ø sperimentare l’efficacia di alcuni interventi e l’inefficacia di altri;
Ø evidenziare e
isolare le categorie di problemi che compaiono con più frequenza e per
le quali sono stati elaborati protocolli con sequenze definite di
comportamento e comunicazione da applicare.
PRINCIPALI CATEGORIE DI PROBLEMI EMERGENTI
v disturbo da deficit di attenzione con iperattività;
v disturbo oppositivo-provocatorio:
v mutismo elettivo;
v disturbo di evitamento;
v conflitto, ostilità e litigi fra due (o più) allievi.
Ognuna di tali categorie possiede un suo protocollo composto da:
Ø definizione chiara del problem
Ø analisi del sistema interazionale e delle tentate soluzioni;
Ø definizione ben specificata degli obiettivi del cambiamento;
Ø strategie comportamentali e comunicative per la risoluzione del problema presentato;
Ø ridefinizione della situazione dopo i primi interventi.
PROBLEMI DI COMPORTAMENTO NELLA SCUOLA E MODELLI d ’INTERVENTO
Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
◊ Secondo il DSM-VI-R, si manifesta con livelli, inappropriati per l’età di distraibilità, impulsività e iperattività.
◊ Si manifesta per lo più a casa, a scuola e in situazioni sociali.
◊
Per alcuni il disturbo si manifesta in circostanze durante le quali è
richiesta una maggiore concentrazione, come ascoltare l’insegnante o
svolgere compiti.
◊ Disattenzione in classe: incapacità ad
applicarsi ai compiti, sì da portarli a termine; difficoltà a
organizzare e completare correttamente il lavoro o il compito.
◊ Incapacità di seguire le richieste e istruzioni e nel passaggio frequente da un’attività non completata ad un’altra.
◊ L’alunno pare non ascoltare o non sentire ciò che gli viene detto,
◊
Coi coetanei la disattenzione è evidente nell’incapacità di seguire
le regole dei giochi strutturati o stare ad ascoltare gli altri
compagni.
◊ L’impulsività si manifesta con:
o commenti fuori luogo;
o risposte date prima che siano terminate le domande;
o non riuscire ad aspettare il proprio turno nelle attività di gruppo;
o
non riuscire ad aspettare le istruzioni prima di cominciare qualche
compito o interrompere l’insegnante durante le
lezioni.
◊ L’IPERATTIVITÀ consiste:
o nell’incapacità di aspettare il proprio turno nei giochi;
o nell’interrompere;
o nell’afferrare gli oggetti;
o nell’impegnarsi in attività potenzialmente pericolose senza considerare le possibili conseguenze;
o nella difficoltà a rimanere seduti;
o nell’eccessivo saltellare in giro, correre senza meta, attività molto rumorose;
MANIFESTAZIONI ASSOCIATE:
v bassa stima di sé;
v labilità dell’umore;
v bassa tolleranza alla frustrazione;
v esplosioni di collera;
v insufficiente rendimento scolastico.
SOLUZIONI TENTATE
I vari tentativi per porre rimedio a tale problematica ricadono, sostanzialmente, in due grandi categorie:
q richieste indirette e dirette di cessazione o diminuzione del comportamento ritenuto problematico;
q creazione del caso.
Le
richieste dirette e indirette sono quelle con le quali si cerca di far
cessare il comportamento disturbante dell’alunno richiamandolo e
cercando di farlo rientrare attraverso spiegazioni.
N.B.
Con
la constatazione dell’inefficacia dei richiami si passa ai rimproveri
con l’aumento dell’attenzione verso l’alunno e tentativi di interventi
miranti a coinvolgerlo in attività di lavoro e gioco come il proporre
ruoli particolari nella classe pe tenerlo occupato.
CREAZIONE DEL VANTAGGIO SECONDARIO:
Col
dedicarsi a tempo pieno all’allievo, si crea la probabilità che
l’alunno stesso tragga dal proprio comportamento, un vantaggio: l’aiuto,
il conforto, la cura che di essi hanno gli adulti soprattutto se si
sono disinteressati di lui per parecchio tempo.
Tali
‘benefici secondari’ aumentano proprio dalle tentate soluzioni messe in
atto – con le migliori intenzioni - dagli insegnanti.
CREAZIONE DEL CASO
Si
interviene cercando di coinvolgere altri soggetti come i tecnici che,
con la formulazione di classificazioni psicopatologiche, colloca entro
l’individuo, piuttosto che nella struttura o nel contesto, la ragione
del funzionamento o la colpa di ciò che accade.
DISTURBO OPPOSITIVO-PROVOCATORIO
Caratteristica essenziale è un comportamento diffidente, ostile e provocatorio.
Gli allievi risultano comunemente:
Ø litigiosi verso gli adulti;
Ø perdono spesso il controllo;
Ø spesso arrabbiati, risentiti, infastiditi dagli altri;
Ø sfidano l’adulto e le regole;
Ø tendono ad incolpare gli altri per i loro errori o difficoltà.
<span>CARATTERISTICA DEL DISTURBO:</span>
gli allievi non si considerano provocatori e tanto meno oppositivi.
TENTATE SOLUZIONI:
Rivolte
direttamente all’alunno che manifesta il disturbo ed è una chiara
richiesta ad adeguarsi alle regole e al rispetto degli altri nonché
alriconoscimento dell’autorità.
A volte le richieste
dell’insegnante sono seguite da spiegazioni razionali sulla correttezza
delle richieste e sulla necessità di rispettarle.
** Tuttavia,
l’allievo pare non ascoltare così l’insegnante tenta con richiami e
rimproveri e, se non bastano nemmeno questi, si passa alla dichiarazione
di proibizioni e, infine, alle punizioni.
Davanti ai comportamenti persistenti dell’alunno:
o richiesta d’aiuto e di collaborazione da parte dei genitori, di altri colleghi, di tecnici;
L’INSEGNANTE SI SENTE SOLO NELL’AFFRONTARE IL PROBLEMA L’INSEGNANTE SI SENTE SOLO NELL’AFFRONTARE IL PROBLEMA
MUTISMO ELETTIVO
CARATTERISTICHE:
Ø
Rifiuto persistente di parlare nel contesto scolastico o in altre
principali situazioni sociali nonostante vi siano le abilità di
comprensione del linguaggio parlato e scritto.
MANIFESTAZIONI ASSOCIATE
- eccessiva timidezza;
- isolamento e ritiro sociale;
- eccessivo attaccamento;
- rifiuto della scuola;
- tratti compulsivi o altri comportamenti oppositivi, specie a casa;
- insuccesso scolastico;
- <<prese in giro>> o scarico di colpe da parte dei coetanei.
TENTATE SOLUZIONI
• Tentativi
di forzare qualcosa che non può essere forzato ma deve essere
spontaneo: sollecitazioni continue a parlare e a comunicare.
• Cercare di capire il perché del silenzio, dei motivi e delle cause del comportamento.
• Aumento sconsiderato delle attenzioni verso l’alunno/a che manifesta il disturbo.
• Creazione del caso: colloqui con genitori, pedagogisti, psicologi, ecc. per meglio comprendere il fenomeno e diagnosticare.
CONFLITTO, OSTILITA’ E LITIGI FRA DUE (O PIU’) ALLIEVI
CARATTERISTICHE:
Due o più allievi che si fronteggiano, si scontrano, litigano spesso fra loro e creano tensioni e scompigli nel gruppo.
TENTATE SOLUZIONI:
q Fare in modo che le parti coinvolte smettano di litigare;
q Punizioni;
q Porsi come persona ragionevole con spiegazioni, per far comprendere la stoltezza dei comportamenti;
q Tentativi di coinvolgerli in attività distraenti;
q Tentativi di ignoramento.
IN CONCLUSIONE:
Il
viaggio nell’universo scuola, nei suoi problemi e nelle possibilità
d’intervento è stato per troppo tempo oggetto di disputeparrocchiali o
divagazioni ideologiche-teoriche, ma ben poco oggetto di studio per i tecnici della soluzione dei problemi.
L’intento
di chi, come me, segue (per tali problematiche) la scuola del Prof.
Nardone è di studiare tale contesto con l’obiettivo di mettere a punto
tecniche e strumenti realmente operativi, senza credere di aver
inventato nulla di nuovo né messo a punto una serie di modelli
d’intervento che possano essere efficaci ed efficienti nei confronti di
specifici problemi.
<<Del resto, il limitato, ma funzionale compito di chi fa ricerca applicativa
non è la costruzione di perfette impalcature teoriche, ma semplicemente
il mettere a punto strategie che conducano l’operatore a raggiungere i
suoi prefissati obiettivi>>. (G. Nardone)
E, come affermava Oscar Wilde “…il vero mistero non è l’invisibile ma ciò che si vede”.
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